Ricetta per un amore che dura

 Aveva ragione lui.

Sono due mesi che tengo i suoi pantaloncini in ostaggio a casa mia.
Me li aveva affidati con la leggerezza distratta di chi torna da una giornata di vita qualsiasi, un piccolo strappo sul fianco, il tessuto slabbrato. Li avevo posati in un angolo, con l’illusione di riprenderli “domani”. Ma il domani si è fatto settimana, la settimana si è fatta mese, e il mese si è disteso pigro fino a diventare due.
Oggi, finalmente, ho infilato l’ago. Ho lasciato scivolare il filo tra le dita e e ho ricomposto quel vuoto, punto dopo punto.

Gli ho mandato un messaggio ridendo: “Ecco, con due settimane di ritardo, te li ridò.”
La sua voce, al di là dello schermo, era una risata calda: “Non due settimane. Due mesi.”

Aveva ragione.
Ed è lì che ho capito: con lui il tempo non ha la forma lineare del calendario. Con lui i giorni non si sommano, si sciolgono. Due mesi diventano un soffio, un anno intero si riduce a un respiro. Forse perché la nostra relazione è rimasta sospesa nella grazia dell’inizio: il corteggiamento che non si è mai fatto abitudine, la seduzione che non si è mai stancata di bussare alla porta, la gentilezza che non si è mai arresa alla fretta.

Molti amori si consumano come pane lasciato scoperto: all’inizio fragranti, poi induriti, infine inutilizzabili.
Questo accade quando smettiamo di nutrire il sentimento: quando, senza quasi accorgercene, smettiamo di considerare l’altro degno di quella cura quotidiana che un tempo ci veniva naturale. E allora iniziamo a sottrarre. Prima gli epiteti affettuosi, poi le carezze senza motivo, poi la pazienza nelle parole. Fino a che ciò che resta è un impasto asciutto, incapace di lievitare ancora.

L’amore, invece, è un lievito madre.
Un organismo vivo, fragile e potente allo stesso tempo, capace di durare oltre le nostre vite, se solo ci prendiamo la briga di nutrirlo. Il lievito madre, se amato, non solo sopravvive: diventa più forte, più profumato, capace di generare nutrimento denso di vita.

Così è l’amore.
Non dura “finché dura”: dura finché lo lavoriamo.
Richiede piccoli riti quotidiani — una parola che illumina, uno sguardo che dice “ti vedo”, un gesto semplice come ricucire un paio di pantaloncini lasciati due mesi fa.
E forse è proprio per questo che, con lui, il tempo smette di avere peso: perché ogni giorno, senza che ce lo diciamo, continuiamo a rinfrescare il nostro lievito madre.

Ecco allora la mia ricetta, non tanto per un pane, ma per un amore che sa durare.



Occorrono pochi elementi, ma devono essere puri come una promessa nuova.

  • 200 g di farina: scegli una farina viva, non troppo raffinata, che ancora conosca il profumo della spiga.

  • 100 ml di acqua: limpida, a temperatura ambiente, come una carezza rassicurante.

  • Tempo: non si compra, non si affretta, si dona.

  • Presenza: la sola vera magia che lo farà crescere.

Giorno 1
In una ciotola di vetro o di terracotta, unisci farina e acqua.
Mescola con un cucchiaio di legno, lentamente, come si scrive una lettera d’amore. Non avere fretta: lascia che ogni granello incontri l’acqua e si fonda con essa.
Copri con un panno di lino e lascia riposare in un luogo tiepido, lontano da correnti e distrazioni. Qui, invisibili, inizieranno a svegliarsi le prime vite.

Giorno 2
Osservalo. Forse non cambierà molto, ma l’amore non mostra i suoi frutti al primo sguardo.
Scarta metà dell’impasto e aggiungi 100 g di farina e 50 ml di acqua. Mescola di nuovo, con lo stesso ritmo paziente. Copri, e lascia che maturi.

Dal giorno 3 al giorno 6
Ripeti il rito ogni giorno: scarta, nutri, mescola, copri.
Vedrai nascere bolle, come sorrisi trattenuti; sentirai un profumo acidulo e dolce insieme, come la pelle dopo un bacio.

Giorno 7
Il lievito madre è vivo.
Gonfio, profumato, pronto a dar vita al pane.
Ma soprattutto, è pronto a ricordarti che nulla dura per sempre se lo si lascia a sé stesso, e che tutto può durare oltre noi se lo si nutre con dedizione.

Conservalo, rinfrescalo ogni giorno o ogni due, e lascia che diventi il tuo compagno di viaggio.
Così, quando impasterai il pane, saprai di avere tra le mani la prova più semplice e più antica di ciò che rende eterno l’amore: un gesto ripetuto, senza stanchezza, con gioia.

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