Spaghetti con le cozze scappate


 SPAGHETTI CON LE COZZE SCAPPATE

(Ovvero: la memoria sa ancora di mare)

Non c’è niente nel piatto, a prima vista. Solo un profumo. Un sugo sottile, acquoso, quasi trasparente.Una carezza marina, una promessa che non si è mai del tutto mantenuta.

Le cozze? Sono scappate. Ma l’acqua è rimasta. E ci puoi risottare gli spaghetti. E ti giuro, vengono buonissimi lo stesso.

A volte anche l’amore è così. Hai vissuto tutto quello che c’era da vivere. Hai succhiato fino all’ultimo lembo di polpa. Ti è rimasto in bocca il gusto forte, ferroso, sensuale — e poi basta.
Se n’è andato.
Se n’è andato lui. O sei andata via tu, perché non c’era più niente da tenere in mano, solo gusci vuoti. 

Eppure qualcosa resta. Resta l’acqua. L’acqua di cottura della relazione. Il brodo sottile delle conversazioni che avete avuto. Il sapore delle carezze, anche quelle che ti sei scordata, ma il corpo no.

Resta un’intimità che ormai è diventata condimento. Una malinconia che sa di buono. Una nostalgia che, se la usi bene, ti nutre. Non ti ferisce più.

Ma devi filtrarla. Come si filtra l’acqua delle cozze, prima di usarla per risottare la pasta.
Devi passarla in un colino fine, lasciare che trattenga la sabbia, i frammenti di conchiglia, le impurità.
La memoria fa lo stesso: filtra. Tiene il bello. Scarta il male. Ti lascia un’essenza pulita, che puoi portare alla bocca senza più paura di tagliarti.

E sai una cosa?
A volte, gli spaghetti con l’acqua delle cozze sono meglio di quelli con le cozze intere. Perché non rischi di trovarti sotto i denti pezzi di guscio. Perché non hai più il pericolo di ferirti.
Hai solo il sapore. Hai solo il ricordo. E quando il ricordo è nutrito e non più velenoso, è una forma di guarigione.

Per anni ho pensato che se una relazione finiva, allora tutto andava buttato. Che se non c’erano più le cozze, non ci si poteva più cucinare niente. Ma ora lo so: anche senza più niente tra le mani, puoi ancora sfamarti. Perché non tutto quello che ci ha toccate ci rovina. Alcune cose ci insegnano il sapore del mare. Anche quando il mare non c’è più.

E alla fine, per completare il piatto, prova ad aggiungere una manciata di olive leccino snocciolate.
Il tocco salato delle lacrime piante, ma che ora non bruciano più. Sono sapide, sì — ma non fanno più male. Sono il sale amaro della guarigione. E rendono tutto più vero.


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