Tra cantucci e vinsanto: il lusso del tempo scelto
A quarantacinque anni non sono più una donna che si perde nelle sciocchezze: non mi interessa avere o non avere amici, non mi logoro se un compagno c’è o non c’è. Non mi siedo ai tavoli dei pettegolezzi, né mi consumo a piangere per un tradimento. La fedeltà del corpo è un mito fragile, sopravvalutato. Nessuno è proprietario dell’organo genitale e del piacere del proprio partner, e pensare il contrario è un incantesimo che schiaccia, un guinzaglio che riduce la vita a gabbia.
Ciò che invece non riesco più a tollerare — ciò che rifiuto con tutta me stessa — è la violenza.
La violenza fisica che abbatte i corpi, la violenza verbale che lacera come lame invisibili, la violenza psicologica che si insinua sottile fino a sgretolare l’anima.
Non sopporto più le dipendenze. Le riconosco come demoni: rubano il cervello, catturano la volontà, risucchiano il respiro stesso della vita. Le dipendenze trasformano gli esseri umani in servi di piaceri effimeri, sempre più piccoli e fugaci, che impediscono di gustare i piaceri profondi, quelli che maturano nel tempo, che nutrono davvero.
E non sopporto perdere (e chi fa perdere) tempo.
Perché tutto nella vita può ritornare. Un amore chiuso può riaprirsi, un lavoro finito può rinascere, la ricchezza può rifiorire, persino il corpo può ritrovare il suo peso ideale.
Tutto può tornare — tranne il tempo. Ogni ora rubata è un quadratino del quaderno di matematica che diventa nero. Sopra di lui non ci puoi più scrivere niente.
Chi ti fa perdere tempo, perde tempo a sua volta.
Chi ti trascina nella povertà, vive già nella mancanza.
La verità è che chi accettiamo vicino a noi, può condizionarci: respiriamo i loro pensieri, imitiamo i loro gesti, ci specchiamo nelle loro cadute.
Per questo, arrivata a questa età, mi preoccupo di scegliere con cura.
Perché la strada della vita è lunga e incerta, e non intendo percorrerla accanto a chi non sa camminare, a chi inciampa per scelta, a chi consuma le mie ore come se non valessero nulla.
Il tempo è l’unico lusso che possediamo.
L’unica ragione per cui potrei permettermi di perderne un po’ è nell’attesa che i cantucci si ammorbidiscano in un calice di vinsanto.



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