Gli Incel non sanno cucinare
Ci sono uomini — appartenenti a una nuova genìa digitale che confonde la misoginia con la filosofia — che parlano delle donne come si parla del cibo già servito.
Dicono che, dopo i venticinque o i trent’anni, una donna perde valore, come se l’essere umano avesse una data di scadenza stampata sul fianco, accanto alla curva dei fianchi stessi.
Sono quelli che chiamano “esperienza” solo la propria, e “consumo” tutto ciò che non possono più possedere.
Li si trova ovunque: nelle piattaforme che scambiano dolore per intrattenimento, li chiamano incel, ma potrebbero benissimo essere gli stessi che scaldano le patatine nel microonde.
Perché, a ben guardare, l’incapacità di riconoscere la bellezza di una donna matura nasce dallo stesso difetto di chi non sa ravvivare una patatina del giorno prima.
Le patatine di ieri, lo sa chi cucina con amore, non sono morte. Sono semplicemente in attesa.
Attendono una seconda possibilità, un tocco d’olio nuovo, la mano giusta che le rigira nella padella con misura, la pazienza che restituisce loro il coraggio di essere ancora croccanti.
Il problema non è la patatina: è chi non sa maneggiarla.
Gli uomini che si lamentano delle donne “troppo vissute” sono spesso gli stessi che non sanno gestire neppure la temperatura di una frittura. Temono il fuoco, e dunque temono la donna che lo ha attraversato.
Non sanno che la maturità, come una patatina ben rinvigorita, non è un difetto: è la perfezione che nasce dall’esperienza del calore.
Le donne che hanno vissuto, amato, fallito, perdonato, non sono meno fragranti — sono semplicemente più saporite.
Hanno assorbito il sale della vita, il profumo dell’olio, il suono delle padelle che cantano al mattino.
E quando tornano a dorarsi, lo fanno con una luce più densa, di chi ha imparato che non serve essere perfetta: basta essere vera.
Chi le giudica “fredde” non sa che, come le patatine del giorno prima, basta poco per risvegliarle:
una carezza di calore, una spezia imprevista, un pizzico di rispetto.
Il resto è alchimia, come ogni amore che non nasce dall’illusione della novità, ma dal gusto del ritorno.



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