Nostalgia
Stasera ho cucinato il minestrone con il riso.
Sì, proprio lui. Il piatto che ho sempre detestato. Quello che da bambina mi faceva sbuffare ancor prima di entrare in casa.
C’era sempre quel momento, nell’androne delle scale, in cui tutto sembrava possibile: l’odore di ragù che saliva da qualche appartamento del palazzo, il profumo di una cucina che non era la mia ma che io, per un attimo, fingevo di riconoscere. Speravo – come solo i bambini sanno sperare – che quell’aroma fosse un annuncio, un indizio, un miracolo destinato proprio a me.
Poi aprivo la porta. E in un secondo il sogno si sgonfiava. Il ragù spariva e al suo posto arrivava l’odore, inequivocabile, delle verdure bollite.
Il minestrone. E io capivo che non c’era scampo. La mia unica preghiera era una: che almeno dentro non ci fosse il riso. Con la pasta riuscivo a negoziare la mia sopravvivenza a tavola; con il pane quasi facevo pace. Ma il riso era per me un piccolo tradimento. Una resa senza gloria.
E invece stasera, adulta e stanca, ho messo proprio il riso.
Ho affettato verdure, ho aspettato che l’acqua bollisse, ho aggiunto manciate precise, ho mescolato come fanno quelli che cucinano da soli per sé stessi.
Perché? Perché a volte, peggio di un piatto che non ami, c'è il ricordo che porta con sé.
Quella nostalgia di quando non eri tu a decidere cosa preparare per cena.
Quella nostalgia di quando non era tua la responsabilità di avere il frigo pieno, di comprare il necessario, di pagare la spesa dopo una giornata infinita.
Quella nostalgia di quando, finito il piatto, tornavi ai tuoi giochi come se il mondo fosse garantito, come se la vita fosse semplice come scegliere quale bambola pettinare o quale cartone guardare dopo.
Stasera non mi mancava il minestrone. Mi manca la me di allora.
Quella che doveva solo presentarsi a tavola, che non aveva bollette, scadenze, consegne, clienti, turni infiniti.
Quella che cenava e poi poteva rilassarsi senza dover combattere con l’ansia di domani.
Quella che si addormentava sapendo che qualcun altro vegliava sulla casa, sulle pentole, sulle responsabilità.
Il minestrone con il riso è stato il mio fastidio di bambina, ma stasera è diventato la mia madeleine storta: non dolce, non amata, ma vera.
E così l’ho mangiato. Non perché mi piaccia, ma perché parlava di un tempo in cui io ero solo figlia. E bastava quello.



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